mercoledì 25 marzo 2015

...e i lavoratori di Roma continuano a vincere in tribunale contro Vodafone...

Anche Corte d'Appello condanna VODAFONE: “Licenziamenti call center ritorsivi e discriminatori”

Roma, 24 marzo – La Corte d'Appello di Roma, sezione Lavoro, condanna Vodafone Italia con una sentenza che conferma “la natura discriminatoria dei licenziamenti impugnati sulla scorta di una serie univoca ed assolutamente concludente di elementi”. 
 
I licenziamenti discriminatori sono quelli comunicati da Vodafone a circa 110 dipendenti del call center della sede di Roma, 39 in questo giudizio.
La colpa dei lavoratori licenziati? Aver impugnato nel 2007 la cessione dei loro contratti ad una azienda appaltatrice – COMDATA - ed essere stati reintegrati in Vodafone per ordine giudiziario dopo che la cessione di ramo d'azienda fu giudicata dal tribunale illegittima con “più sentenze emesse in gradi diversi”, come ricordato anche in questo ultimo provvedimento. Essersi organizzati, in stragrande maggioranza nei COBAS, e aver lottato duramente per 7 anni contro l’ingiustizia subita, al fine di far rispettare la legge anche alla multinazionale Vodafone. 
 
A distanza di 2 anni dal licenziamento, i tribunali in primo e secondo grado di giudizio affermano che “non sussiste dubbio alcuno che il licenziamento intimato agli odierni ricorrenti sia ritorsivo e discriminatorio, ancor prima che illegittimo” poiché “Vodafone ha reso palese ed evidente che la sua volontà non era quella di azzerare gli esuberi dichiarati ma di espellere chi, e solamente chi, era stato riammesso in servizio dopo aver vinto la controversia”.
 
Dopo la tristemente nota discriminazione operata dalla Fiat nei confronti dei 19 dipendenti di Pomigliano iscritti Fiom è ora il turno di Vodafone. Il colosso multinazionale delle telecomunicazioni in Italia beneficia di una concessione pubblica dello Stato per fatturare somme a 10 cifre (5 miliardi e 790 milioni di euro i ricavi per servizi dichiarati nell'ultimo bilancio della sola Vodafone Italia), tra una cessione di ramo d'azienda illegittima e numerosi licenziamenti ritorsivi e discriminatori, dimostrando così una certa noncuranza per le Leggi di questo stesso Stato.

 
Esecutivo Provinciale Cobas del Lavoro Privato
 
 
 
 

mercoledì 21 maggio 2014

E...NON FINISCE MICA QUI!

Mentre gli ex lavoratori Vodafone digeriscono la sentenza a loro sfavore, che consente a Vodafone di lasciare le loro famiglie per strada, arrivano, inaspettate, delle manifestazioni di solidarietà che danno loro ancora più coraggio e determinazione!
Grazie a chiunque sia stato a creare ed affiggere gli striscioni di cui alleghiamo foto nelle sedi romane Vodafone di via della Grande Muraglia e di via dei Boccabelli.
Grazie anche a chi, servo della gleba aziendalistico, li ha rimossi, tutto ciò dimostra, per l'ennesima volta, che diamo proprio fastidio a questa azienda!

E...non finisce mica qui! Continueremo la ns lotta, che è una lotta per la tutela dei posti di lavoro e di tutti i lavoratori italiani. Alle ns gole, prima o poi, verrà data voce.

La Regina


venerdì 16 maggio 2014

Pesante sentenza contro gli ex lavoratori Vodafone


In data 14 maggio u.s. il giudice Redavid, della 2° sez. del Tribunale del Lavoro di Roma, ha emesso la sentenza relativa al contenzioso tra gli ex lavoratori Vodafone e l'azienda stessa concernente il licenziamento dei dipendenti.

Tali lavoratori erano stati ceduti nel 2007 alla società Comdata Care SpA, avevano ricorso legalmente contro l'operazione di esternalizzazione, in data 05/06/2012 avevano vinto il 1° grado di giudizio della causa e successivamente al reintegro in Vodafone imposto dal giudice di 1° grado erano stati licenziati dall'azienda in data 18/10/2012, in seguito all'apertura della procedura di mobilità dell'01/08/2012 riguardante solo ed esclusivamente tali dipendenti. In data 25/09/2013 tali lavoratori hanno vinto anche il 2° grado di giudizio, in Corte d'Appello, della causa contro la cessione di ramo d'azienda.

Alla luce dei fatti sopra riassunti gli ex dipendenti Vodafone hanno impugnato anche il licenziamento discriminatorio e punitivo operato da Vodafone Italia e dopo ben 1 anno di estenuante attesa, ripetute udienze, produzione di prove, ascolto di testimoni, differite presentazioni di note conclusive prima da parte degli avvocati dei lavoratori e successivamente da parte degli avvocati dell'azienda il giudice Luca Redavid ha emesso la sentenza che riportiamo alla fine di questo post.

"Qualcuno" in passato ha descritto una sentenza a suo sfavore come inopinatamente errata, non ci permettiamo di utilizzare tale aggettivo, poichè si tratta, pur sempre, di un giudizio di un giudice, ma ci permettiamo di fare alcune considerazioni/domande:

  1. perchè c'è voluto un anno di tempo per emettere una sentenza sapendo che i lavoratori coinvolti erano stati licenziati ed avevano, intanto che questo parto di quasi 12 mesi si completasse, terminato anche l'indennità di mobilità?
  2. in sintesi nella sentenza viene asserito che i ricorrenti non hanno le prove necessarie a dimostrazione del loro licenziamento discriminatorio; a tal proposito il fatto che solo tali lavoratori siano stati coinvolti in un licenziamento e che solo ad essi venisse assegnato un punteggio sfavorevole ed arbitrario per inserirli negli unici posti a rischio di una graduatoria di mobilità è un comportamento da considerare regolare e indiscutibile?
  3. che il giudice asserisca che un imprenditore è libero di disporre delle proprie strategie business a scapito del mantenimento dei posti di lavoro è etico e realistico o è solo un'affermazione che leggittima le aziende ad usufruire di risorse/licenze, spesso statali (basti considerare lo start up della Omnitel, ora Vodafone, nel quale venivano specificati i presupposti per ottenere le licenze, ad esempio il mantenimento del perimetro occupazionale), senza impegnarsi a creare un business dei cui frutti possano beneficiare sia gli imprenditori che la forza lavoro impiegata?
  4. può un difensore della legge emettere una sentenza che non tiene conto di tutti gli elementi che determinano un contenzioso e che non ammetta tutti i capitoli di prova che presentano i ricorrenti?
  5. può un giudice sentenziare asserendo che questo caso di licenziamento collettivo è particolare e non regolamentabile dalla legge Fornero, quando tale casistica è ampiamente contemplata e regolamentata da tale legge e quindi negare, oltre al posto di lavoro, un risarcimento, sebbene minimo, a degli ex lavoratori?

Ci sono tanti punti che andrebbero discussi, questa sentenza non riguarda solo il piccolo caso degli ex lavoratori Vodafone, è una sentenza che si ripercuote sui temi macro economici e sociali conseguenza della crisi mondiale tuttora in corso; è una sentenza che consente a delle aziende in salute e non in crisi di licenziare del personale in un periodo in cui è molto difficile trovare un impiego, soprattutto per gli over 40, è una sentenza che leggittima una società che si è vista dar torto da ben 2 gradi di giudizio per un totale di 4 giudici ad aggirare la legge per poter disporre prepotentemente come preferisce delle vite altrui, è una sentenza che consente in un periodo che dovrebbe essere di austerity di incrementare il nr. dei soggetti che frugano nelle tasche degli italiani per prosciugarle, poichè l'idennità di mobilità di cui hanno ususfruito tali lavoratori è pagata dall'Inps (ovvero da coloro che pagano le tasse), è una sentenza che consente ad un contratto di lavoro a tempo indeterminato di divenire, senza alcuna giusta causa e con discriminazione, un contratto a tempo determinato ed è una sentenza che dice ai lavoratori "avete osato mettervi contro un colosso e questa è la punizione che vi spetta: vi tolgo il lavoro, non vi risarcisco e addirittura vi obbligo a pagare le spese legali dell'azienda Vodafone nella misura di euro 5.000,00 + Iva + spese varie!".

Ora, personalmente, non è l'importo delle spese legali di controparte a preoccuparci, ma l'intento con cui le stesse ci sono state addebitate. Giudice Redavid, hai deciso di lasciarci in mezzo ad una strada, ci auguriamo che tu creda davvero in questa sentenza, e questo possiamo digerirlo, perchè un contenzioso non si sa come finisce fino all'ultimo grado di giudizio, ma perchè infierire su degli ex lavoratori senza alcun sostentamento? Perchè non comprendere con questa sentenza che quanto deciso dai tuoi colleghi prima di te ovvero che siamo stati e siamo dipendenti Vodafone il licenziarci è stato raggirare 2 sentenze a Vodafone sfavorevoli e quindi legalizzare la discriminazione che essa ha operato nei ns confronti?

Si porti all'evidenza che anche le prime 2 cause collettive economiche, con le quali gli ex dipendenti, in virtù della sentenza della Corte di Appello contro la cessione di ramo d'azienda, chiedevano il pagamento delle differenze retributive, si badi bene solo le differenze retributive, tra quanto percepito negli anni di lavoro in Comdata Care e quanto avrebbero dovuto percepire in qualità di dipendenti Vodafone sono state rigettate da 2 giudici, d.ssa Masi e dr. Di Stefano, quest'ultimo presidente della 2° sez. Lavoro del Tribunale di Roma. Curioso come una Corte d'Appello stabilisca che siamo sempre stati, in tutti questi anni, dipendenti Vodafone ed altri 2 giudici di 1° grado non determinino che avevamo diritto alla retribuzione prevista per i dipendenti Vodafone.

Sarà sicuramente casuale il fatto che tutte le ultime cause intraprese contro Vodafone e Comdata siano state assegnate a giudici della sola 2° sez. del Lavoro del Tribunale di Roma, il quale possiede ben 4 sezioni. Ora, poichè possiamo parlare di scaramanzia ed a questo punto anche di un timore reverenziale nei confronti di alcuni giudici di questa famigerata 2° sez. Lavoro del Tribunale di Roma forse dovremmo augurarci di non avere più il piacere di interagire con tale sezione?

Sia ben chiaro, quello che potevamo perdere è già stato ampiamente perso, quindi non c'è alcuna paura nel proseguire la strada che abbiamo intrapreso a suon di battaglie legali e non solo.

Non abbiamo alcuna paura, andiamo avanti a testa alta.

La Regina












mercoledì 9 aprile 2014

CAUSE CONTRO CESSIONI DI RAMO D’AZIENDA DI TELECOM: PRIMIZIE DI “CASSAZIONE” di Stefano Torcellan

Fonte: http://www.esternalizzati.it/?p=20751

E’ la prima propiziatoria sentenza delle 50 in fase di emanazione.
Oggi, 8 aprile 2014, abbiamo appreso dell’ennesima sconfitta in Cassazione di Telecom Italia spa.
A festeggiare è una lavoratrice Telecom di Roma che, dopo una serie sconsiderata di rimpiattini, è stata infine arenata in Prelios Property Management per poi essere licenziata nell’estate del 2011, assieme ad altri 8 lavoratori/ci, nel silenzio più assoluto e con un vergognoso disinteresse da parte dei cosiddetti sindacati confederali, (leggi: “Fantasmi a Roma” link: http://www.esternalizzati.it/?p=16479).
Anche per l’ex “Pirellina”, sgranocchiata dalla gestione Tronchetti, Telecom ha promosso la fase terminale della sua strategia dell’“entropia societaria[1] (riferita alla NewCo). Un semplice sistema di periodica e progressiva riduzione della mannacommittenza concessa all’outsorcing di turno, per indurre “esodi” più o meno spontanei fino a propiziare, nell’epilogo, il licenziamento dei lavoratori superstiti.
È stato così per 38 lavoratori/ci di Ce.Va Logistics (ex TNT Log.) licenziati nel gennaio dello stesso anno. Tale strategia ora prosegue con successo nella “terra fertile” delle società “fagocitate” dal Gruppo Manutencoop, che si è facilmente sbarazzato (solo) degli “ex” dipendenti Telecom acquisiti in MPSS (ex MPF). Poco manca invece per gran parte dei sopravvissuti “ex” Telecom di Telepost, da due anni in cigs.
Sono in totale più di 200 i lavoratori/ci contaminati o “terminati” in questo ultimo contesto. Ma l’operazione, ovviamente, coinvolge anche coloro che sono in servizio presso le altre “esternalizzate” e che stanno patendo sulla propria pelle, la robusta regressione temporizzata della monocommessa di Telecom Italia.
Il dispositivo allegato, sembra essere il primo di una lunga serie riferita alle 51 udienze di Cassazione, svoltesi il 18 (25 udienze) ed il 26 febbraio 2014 (26 udienze), fasi conclusive e definitive delle cause di lavoro avviate, sette o otto anni fa, contro Telecom Italia spa. Altre venti, circa, sono in iter.
Il 18 febbraio erano più di una cinquantina i lavoratori/ci coinvolti, in maggioranza dislocati in HP CDS, poi in Ceva Log. e in Tess/Accenture (di Milano). Mentre, il 26 febbraio, è toccato ad una quarantina circa di lavoratori/ci di MPSS, di Telepost e ancora di Ceva Log.
Nei prossimi giorni, è plausibile che siano resi pubblici anche tutti gli altri dispositivi il cui esito, si badi bene, non è matematicamente scontato, ma solo auspicato, a condizione che siano stati contemplati percorsi positivi nei precedenti gradi di giudizio, nel secondo grado in particolare.

martedì 18 febbraio 2014

Valleverde non “cammina” più: sottratti 10 milioni, perquisizioni in sei città

E anche di questi 130 lavoratori non si sente parlare...esistono solo quelli della Fiat.
Proviamo a dargli un pò di voce.

Il Cets

http://www.ilmessaggero.it/primopiano/cronaca/valleverde_rimini_bancarotta_finanza_calzaturificio/notizie/465276.shtml

RIMINI - Perquisizioni a catena in sei città del nord, nelle abitazioni e negli uffici dei vertici vecchi e nuovi del calzaturificio Valleverde, per l'indagine del nucleo di polizia tributaria della Guardia di Finanza di Rimini sul fallimento della Spes Spa e ora anche della Valleverde Srl. Per quest'ultima, che avrebbe dovuto gestire gli asset dell'azienda di Coriano di Rimini, è stato invece chiesto il fallimento il 19 gennaio. Protestano i 130 dipendenti del calzaturificio, anche sotto casa del curatore fallimentare, e i nuovi manager li appoggiano contro il sequestro giudiziario dell'azienda in esecuzione a fine mese, ma la preoccupazione di Gdf e Procura è che i lavoratori abbiano avuto informazioni fuorvianti e che vengano strumentalizzati.

Secondo i finanzieri, attraverso un intreccio societario e l'utilizzo strumentale del concordato preventivo sono stati sottratti all'azienda almeno 10 milioni di euro. Sono sette gli imprenditori e manager che il pm Luca Bertuzzi ha iscritto nel registro degli indagati per bancarotta. Tra questi Armando Arcangeli, fondatore dell'originaria Valleverde Spa e ideatore dello slogan che invitava a «camminare in una Valleverde», e il direttore generale Antonio Gentile che poi ha assunto l'incarico di liquidatore della Spes, la società in cui si era trasformata la prima Spa e che avrebbe dovuto traghettare lo storico calzaturificio verso il concordato preventivo.

Tra gli indagati anche manager e imprenditori che, con la Valleverde Srl appositamente costituita, avevano ottenuto in gestione gli asset inaffitto dalla Spes, che con il ricavato avrebbe dovuto ripianare i debiti come da omologa del concordato. Nella Srl sono indagati l'amministratore Enrico Visconti, residente a Desenzano del Garda; Ernesto Bertola, di Brescia; David Beruffi, di Castiglione delle Stiviere, responsabile finanziario. Indagato anche Raffale Piacente, di Roma, e una dipendente della Srl.

Nelle perquisizioni in case e uffici - nelle province di Brescia, Mantova, Milano, Rimini (anche a Coriano) e Roma, quindi non solo del nord - i militari hanno sequestrato documenti e materiale informatico. L'affitto d'azienda per la gestione del calzaturificio e del magazzino, produzione e marchio compresi, che doveva servire a ripagare i debiti della Spes, non è stato mai pagato dalla nuova Valleverde Srl: secondo la Gdf era tutto programmato, con accordi, tanto che una denuncia di truffa della nuova gestione contro la vecchia, accusata di aver fatto sparire parte del magazzino, è considerata artificiosa dalla Guardia di finanza.

La nuova gestione sostiene che la sparizione del magazzino avrebbe fermato il pagamento del canone, ma secondo la Procura sarebbe solo un marchingegno escogitato per dirottare denaro verso altre società. I lavoratori sono senza stipendio da tre mesi e protestano convinti delle ragioni dei nuovi vertici e i manager oggi, in una risposta alla lettera aperta dei dipendenti contro il sequestro giudiziario, protestano pure contro l'esecuzione del provvedimento, previsto sia per i negozi sparsi in Italia sia per il complesso aziendale di Coriano.


Martedì 21 Gennaio 2014

sabato 15 febbraio 2014

Renzi...ma lo sai chi è Pietro Ichino?


Ichino: "Ministro con Renzi? Renderei più incisiva la riforma Fornero"
Intervista a Pietro Ichino di maria Zegarelli - L'Unità

Senatore Pietro Ichino, se Renzi diventa premier lei sarà sicuramente ministro. Le ha praticamente assegnato il posto di Elsa Fornero...
«Ministro, non lo so... Quel che è certo è che questa è una lunga storia, già due anni fa Renzi mi chiamò a Firenze per farsi spiegare il Codice del lavoro semplificato. E organizzò un seminario su questo progetto di riforma. Poi la scorsa estate mi ha chiesto di lavorarci per il suo programma. Tra noi la consonanza su questo terreno, come sugli interventi per la pubblica amministrazione, data da allora».
 
Bersani ritoccherebbe la riforma del mercato del lavoro del ministro Fornero. Se fosse lei ministro?
«Quella riforma è un primo passo significativo, anche se timido, nella direzione giusta, cioè verso una riunificazione del mercato del lavoro e quindi verso il superamento del dualismo protetti-non protetti. Ha reso un po' più flessibile il lavoro a tempo indeterminato e introdotto alcune norme di contrasto al precariato. Ma serve un intervento più coraggioso e incisivo in entrambe le direzioni».
 
Che cosa si dovrebbe fare?
«Per prima cosa semplificare. La legge Fornero è illeggibile e aggiunge 100 pagine alle 2mila già esistenti della nostra legislazione sul lavoro. Occorre ridurre la legislazione di fonte nazionale a un unico testo facilmente leggibile dai milioni di persone interessate. Il Codice semplificato, che insieme a 54 altri senatori Pd ho presentato nel 2009 e che ora Renzi propone di varare, è costituito da 59 articoli in tutto, scritti in modo chiaro chiaro e semplice, traducibile in inglese. Sarebbe uno straordinario biglietto da visita, per attrarre gli investitori stranieri che oggi sono tenuti lontani anche dalla illeggibilità e intraducibilità del nostro diritto del lavoro».

Se lei dovesse indicare un argomento forte di cambiamento per convincere gli elettori a cosa punterebbe?
«La mia idea-forza è la flex security: tutti i lavoratori a tempo indeterminato, a tutti le protezioni fondamentali, a cominciare dalla protezione antidiscriminatoria, ma nessuno inamovibile. A chi perde il lavoro deve essere garantita la necessaria sicurezza economica e professionale. Si può fare da subito anche qui in Italia».
 
Ichino in Italia non c'è il rischio che alla flessibilità in uscita non corrisponda la flessibilità in entrata e si creino ulteriori fragilità a danno dei lavoratori?
«Anche in questo periodo di crisi in Italia si stipulano ogni anno due milioni di contratti di lavoro regolare a tempo indeterminato. Le società di outplacement ricollocano sul territorio nazionale i lavoratori che vengono loro affidati entro una media di sei mesi. Certo, questo servizio costa caro, ma costa molto di più tenere la gente in cassa integrazione per 5 o 6 anni come facciamo oggi. Si può sostituire il controllo giudiziale sul licenziamento per motivo economico con un trattamento complementare di disoccupazione, che scatta per il secondo anno se l'impresa non è riuscita a ricollocare il lavoratore entro il primo anno. Sarebbe un forte incentivo ad attivare i migliori di outplacement. Se poi le Regioni coprissero, come dovrebbero, i 2/3 o i 4/5 del costo tutto diventerebbe sopportabile».
Che giudizio dà del faccia a faccia tra i candidati?
«È andato molto bene. Si è dimostrato che se al meccanismo delle primarie si dà il respiro necessario, diventano un fattore di rafforzamento straordinario del partito».
 
C'è qualcosa che Renzi avrebbe dovuto spiegare meglio?
«Diverse cose, ma capisco la difficoltà di concentrare concetti anche complessi in un minuto e mezzo. Avrebbe forse potuto spiegare meglio agli italiani la responsabilità gravissima di un ceto politico che ha indotto il Paese per 30 anni a consumare l'equivalente di 30miliardi di euro ogni anno in più rispetto a quello che era in grado di produrre, collocando il debito sulle spalle di figli e nipoti. E avrebbe forse potuto anche spiegare meglio la strategia europea dell'Italia avviata con successo in questo primo anno da Monti
 
Solo queste annotazioni?
«Ce n'è un'altra: la sua cravatta viola. Matteo non può rappresentare solo la Fiorentina, deve rappresentare senza discriminazioni anche noi milanisti».

http://www.partitodemocratico.it/doc/246296/ichino-ministro-con-renzi-renderei-pi-incisiva-la-riforma-fornero.htm

Complimenti Renzi, sai scegliere veramente bene i tuoi prossimi ministri...all'Industria e Sviluppo Economico un tagliateste mondiale (Vittorio Colao) e al Ministero del Lavoro un altro convintissimo tagliateste (Pietro Ichino), tra l'altro ex dirigente sindacale della Fiom-Cgil e soprattutto avvocato della Vodafone nel contenzioso riguardante la ns cessione. Solo questi due personaggi garantiscono un tracollo nel mondo del lavoro dipendente e soprattutto sono due personaggi che vanno a braccetto a far danni per l'Italia già con le loro professioni private, figuriamoci con degli incarichi pubblici.
Solo due parole...CHE SCHIFO!