giovedì 5 aprile 2012

COMDATA: RITRATTO DI UN’AZIENDA DI OUTSOURCING


Dopo piu’ di 4 anni che lavoriamo all’interno del gruppo Comdata, oggi finalmente la direzione aziendale ci sta chiamando a colloquio privato per raccontarci chi siamo e cosa facciamo.

Ci viene detto che Comdata è un’azienda di Call Center, o meglio un’azienda che fornisce operatori di Call Center. E’ un’azienda che vive di Commesse su appalto, che e’ un’azienda sana e piena di lavoro, che sta assumendo e stabilizzando sempre piu’ i propri dipendenti.

Quello pero’ che non ci viene detto e’ come funziona nel mondo del lavoro italiano e soprattutto nel nostro settore delle TLC il meccanismo di appalto. Eppure questo e’ un aspetto fondamentale per capire l’azienda nella quale ci siamo ritrovati e quindi ancora piu’ fondamentale per avere un quadro realistico degli scenari che ci aspettano, in modo che ognuno possa, in assoluta consapevolezza, decidere le sorti della propria vita lavorativa. Proviamo allora ad analizzare il meccanismo di appalto calato in questa realtà aziendale.
Partiamo da esempi concreti di come Comdata ha operato in merito alle assunzioni e stabilizzazioni nello scorso anno 2011 (sono solo alcune delle operazioni effettuate).
  • Il 24/01/2011 Comdata inaugura a Cagliari il Call Center della new Co Comdata Eos nato per assorbire una parte dei 470 lavoratori provenienti dalla chiusura della società Video online 2.0 su commessa Telecom Italia. L’azienda per questa operazione attinge ai fondi della regione Sardegna (soldi dei contribuenti), aumenta il volume di lavoro proveniente dal cliente Telecom Italia (che quindi le paga il canone dell’appalto) e risparmia sui costi del lavoro inquadrando i dipendenti Comdata Eos al II livello.
  • La Spezia - a febbraio 2011 Comdata termina la stabilizzazione iniziata a fine 2010 di un totale di 47 (!) dipendenti passati da precari a tempi indeterminati, attingendo per questo ai finanziamenti comunitari concessi dalla Regione Liguria. Non e’ pero’ un problema per Comdata contemporaneamente (gennaio 2011) annunciare a La Spezia la contrizione della commessa ENI.
  • Marzo 2011 a Roma Comdata acquisisce un ramo d’azienda da Cronos coinvolgente 140 dipendenti al III livello (tranne i TL al V) assegnati alla commessa Telecom Italia proveniente, in sub appalto, proprio dalla stessa Comdata. Di nuovo quest’azienda, pur di mantenere e magari ampliare i volumi di lavoro forniti da Telecom, si fa carico di tali lavoratori che già da circa 10 anni reclamano il diritto, previsto dal CCNL, di passare al IV livello per le mansioni svolte. Comdata, senza accordo sindacale, ne passa in maniera del tutto arbitraria circa una quarantina allo scopo di spaccare il fronte dei lavoratori che si erano mobilitati per avere tutti quel passaggio contrattuale.
  • Luglio 2011 Comdata apre un secondo centro a Lecce dove colloca dipendenti inquadrati al II e III livello, addetti in gran parte su commessa Vodafone, ma anche su commessa Sky. Per tale operazione l’azienda attinge ai 269.8 milioni di euro dei fondi della regione Puglia dedicati alle nuove assunzioni.
  • E non dimentichiamoci che Comdata vanta ben 4 sedi in Romania (Bucarest, Crajova e Galati) e Bulgaria (Sofia).
Ecco come opera Comdata: per poter aumentare i ricavi acquisisce personale SOLO quando questo le garantisce l’acquisizione e/o l’ampliamento dei canoni delle commesse (consolidando così e solo così i rapporti commerciali con i propri clienti) oppure se per questo accede ai finanziamenti pubblici.

In entrambi i casi, tende a ridurre al minimo indispensabile il costo di tali lavoratori (quasi tutti dei 4000 vantati al II e III livello) e, ove possibile, copre tale costo del lavoro con le risorse pubbliche messe a disposizione dalle istituzioni locali.

Ovviamente, tale sistema, per funzionare, ha come presupposto il continuo ricambio del personale.

L’attività di Call Center sappiamo bene essere un’attività deprofessionalizzante, con procedure sempre più standardizzate, e usurante. Ciò determina che, con il passare del tempo, i lavoratori non riescano a mantenere sempre gli stessi ritmi produttivi pretesi dalle aziende. Ecco perché le grandi aziende, specie delle TLC (Vodafone, Telecom, Wind, Fastweb), si rivolgono ad aziende esterne a cui affidare in outsourcing le attività di call center e, quando ci riescono, i lavoratori. Il contratto di appalto, se da una parte presuppone un maggior costo iniziale a causa del profitto da riconoscere alla società appaltatrice, dall'altra assicura alla società appaltante una riduzione dei costi con il passare del tempo, attraverso le gare di appalto successive, che, sempre e comunque, sono gestite con la logica del massimo ribasso. Ciò comporta che se la singola azienda di outsourrcing vuole rimanere sul mercato, e continuare a lucrare sul lavoro dei lavoratori gestiti, deve continuamente smaltire il personale più anziano (in genere gli anni di anzianità lavorativa si contano sulle punta delle dita di una mano), ritenuto meno produttivo e comunque economicamente più costoso (livello, anzianità e assenza di contributi pubblici), per sostituirlo con altro personale neo assunto, probabilmente con contratto precario e/o paraautonomo, al livello economico il più più basso possibile e disponibile a sopportare ritmi di lavoro spesso impossibili. Tutte le aziende di outsourcing hanno quindi l’esigenza vitale di cambiare spesso il personale e questo, dove non lo fanno con i licenziamenti, tentano di ottenerlo rendendo a questi lavoratori la vita impossibile, nella speranza spesso realizzata, di condurli a dimettersi. In poche parole si tratta di aziende che hanno fatto dello sfruttamento della forza lavoro il proprio business.

Nel nostro settore il panorama è spesso lo stesso. A parte i casi più eclatanti, con le aziende che hanno prima percepito i finanziamenti pubblici e poi sono precipitosamente scappate con i soldi, lasciando i propri dipendenti senza lavoro e senza le retribuzioni arretrate e i tfr maturati, il format utilizzato dalle cosidette aziende leader nel settore è più o meno lo stesso. In Teleperfomance migliaia di lavoratori sono stati stabilizzati pochi anni fa. Si tratta di lavoratori con turni H24 e al II e III livello, quindi molto meno costosi e piu’ flessibili di noi. Eppure questi lavoratori ora sono in cassa integrazione in deroga, perchè oramai troppo costosi e poco produttivi, rispetto a ciò che il mercato del lavoro offre attraverso i contratti precari, o le delocalizzazioni all’estero e/o nelle regioni, specie quelle del sud, disponiobili ad elargire nuovi finanziamenti (cosa che permette di utilizzare costantemente forza lavoro a costi che si avvicinano allo zero!). Lo stesso dicasi per il Gruppo Almaviva.

Fatte queste considerazioni, appare evidente che se, nei colloqui individuali che l’azienda sta facendo, viene detto che la scelta di rimanere in questa azienda è quella più garantista per il nostro futuro lavorativo, non viene fatto un quadro realistico della situazione.

Rimanere in qualche modo “agganciati” alla casa madre che, anche quando decide di ridurre il personale, lo deve necessariamente fare con più attenzione e ben argomentando le tanto discusse motivazioni economiche. L'azienda in appalto ha per definizione sempre disponibile la motivazione economica per giustificare una riduzione di personale, la fine dell'appalto o anche una semplice riduzione dei flussi ricevuti dal committente. Certo, ciò non significa che chi sta in Vodafone oggi ha la garanzia di “morire”, lavorativamente parlando, ancora Vodafone, ma comunque lì può aver senso pensare di investire sul proprio futuro lavorativo, in una società appaltatrice di call center no.

Quello che l’azienda lascia intendere da questi colloqui è che si sta programmando di anticipare ciò che abbiamo preannunciato fin da subito e che si sarebbe dovuto realizzare solo nel 2015: la chiusura di Comdata Care per cessata attività con il conseguente licenziamento collettivo di chi sarà rimasto e magari la riassunzione tramite accordo in Comdata, con un peggioramento delle condizioni lavorative e solo per chi deciderà l’azienda. Ecco probabilmente perché la Direzione aziendale illustra nei colloqui il contratto di Comdata Spa.

L’unica possibilità di salvezza è continuare la resistenza forte e convinta messa in atto dal 2007. Senza tale resistenza e se non avessimo fatto causa in così tanti, molto probabilmente saremmo già stati travolti dalla minaccia di licenziamenti collettivi per esubero di personale e obbligati ad accettare peggiori condizioni economiche e lavorative. Ad esempio, la situazione lavorativa a Milano sarebbe stata gestita con ben altri toni e modalità!

Serena
Rsu Cobas Comdata Care

lunedì 2 aprile 2012

CONNIVENZA SINDACATI-VODAFONE "ON AIR" - PERCHE' CGIL, CISL E UIL NON FANNO IL PROPRIO DOVERE?

Roma, 29 Marzo 2012

Per le ore 19 era prevista la messa in onda del servizio sulla vergogna dei mancati "VERI" 33 reintegri in Vodafone su RAI News. Servizio ripreso durante il presidio che i lavoratori hanno fatto sotto la sede del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA (il servizio è al link www.youtube.com/VodafoneVsMagistrati ).
Tale servizio è poi andato in onda alle ore 23:00 circa. Ben quattro ore dopo. IL MOTIVO?
La giornalista che ha curato le riprese aveva provato a contattare la CGIL per avere un'opinione dal
sindacato confederale visto che cgil, cisl e uil, NONOSTANTE NON SIANO RAPPRESENTATIVI DEI 33 lavoratori oggetto della procedura di licenziamento collettivo, sono gli unici soggetti con cui, per il momento, l’azienda decide di parlare....e ne immaginiamo anche il vero motivo al di là delle spiegazioni formali che da entrambe le parti continuano ad arrivare.
Ebbene la giornalista, lei stessa stupita, ci ha riferito che CGIL ha AVVISATO E MESSO IN "ALLERTA"
Vodafone, che a sua volta l'ha tempestivamente contattata e le ha detto di attendere la ricezione di un
proprio comunicato prima di mandare in onda il servizio. E così cgil, invece di supportare quei lavoratori
per fare muro "CONTRO" l'azienda si preoccupa di ingraziarsi e asservirsi a Vodafone, garantendole lo
spazio per un suo intervento.
CISL invece continua a fare ciò che le riesce meglio: alterare la realtà attraverso le menzogne! Il giorno
prima, il 28 marzo, in assemblea al call center vodafone di Roma dichiara: che i cobas le si stanno rivolgendo per chiedere aiuto (sarebbe come se i passeggeri della Concordia chiedessero a Schettino di fargli fare un altro giro!!!) che sarebbe inutile bloccare la procedura di mobilità (che quindi però è bloccabile se lo si volesse) perchè tanto Vodafone la riaprirebbe tale e quale a prima. Ma se così fosse allora basterebbe ribloccarla.
Chiedere con forza a cgil, cisl e uil di bloccare la procedura di un licenziamento collettivo contro legge e con
motivazioni evidentemente inesistenti significa chiedere a cgil, cisl e uil di fare il proprio dovere e non di
essere aiutati! Ma forse ormai nessuno dei lor signori ricorda più cosa significa fare il proprio dovere...
Tutti e tre i sindacati confederali vivono della forza riflessa, del legame, dei benefits e degli agi che l'andare
a braccetto con l'azienda gli concede. Ma questo NON è fare il proprio dovere....
Bloccare questa mobilità non solo è possibile, ma è anzi doveroso in quanto si tratta di una procedura che
non ha i requisiti di legge. Se Vodafone la volesse riaprire dovrebbe farlo in maniera ben diversa...ad
esempio fornendo le informazioni che consentano all'interlocutore sindacale di esercitare in maniera
trasparente e consapevole un effettivo controllo sulla programmata riduzione di personale, valutando
anche la possibilità di misure alternative al programma di esubero; la inadeguatezza delle informazioni, che
abbia potuto condizionare la conclusione dell'accordo tra impresa e organizzazioni sindacali secondo le
previsioni dell' art. 4, determina l'inefficacia dei licenziamenti per irregolarità della procedura, a norma dell'art. 4, comma 12, legge 223/91.
Su uil, dopo che ha dichiarato che non le interessa tutelare i lavoratori provenienti da Comdata e che ormai
ha come unica possibilità di vita seguire pedissequamente gli ordini di cisl, non riteniamo di dover sprecare
ulteriori parole...

Vodafone da parte sua si comporta come il bambino più grande e viziato che non vuole mai perdere e tenta in tutti modi di non rispettare le regole del gioco perché consapevole che con la correttezza non potrà
guadagnare il prossimo trofeo. Se la dirigenza attuale fosse anche solo per un quarto del valore di quella
Olivetti da cui ha ereditato l'azienda, rispetterebbe la sentenza reintegrando questi lavoratori e si preparerebbe al ricorso legale. Per ora ha perso: ingoino il rospo ed accettino.

Tutti questi gli attori del teatrino che andrà in scena nell'incontro del 2 Aprile. Mancano però i protagonisti: i lavoratori coinvolti dalla procedura di mobilità . Nessuno a rappresentarli.
Dal 20 febbraio ad oggi l'unica ipotesi di cui si è parlato riguarda un accordo tale per cui il personale licenziato da Vodafone rientra in Comdata. Consentire a Vodafone, tramite un accordo, di andare nella direzione diametralmente opposta a quella indicata dalla Magistratura è notizia ghiotta da gettare in pasto
ai media...

NON C'E' NULLA SU CUI ACCORDARSI. C'E' DA RISPETTARE LA LEGGE LA GIUSTIZIA E FARE VERO SINDACATO, NON I "PARAVENTI" E CONNIVENTI!

COBAS COMDATA CARE