Dopo piu’ di 4 anni che lavoriamo all’interno del gruppo Comdata, oggi finalmente la direzione aziendale ci sta chiamando a colloquio privato per raccontarci chi siamo e cosa facciamo.
Ci viene detto che Comdata è un’azienda di Call Center, o meglio un’azienda che fornisce operatori di Call Center. E’ un’azienda che vive di Commesse su appalto, che e’ un’azienda sana e piena di lavoro, che sta assumendo e stabilizzando sempre piu’ i propri dipendenti.
Quello pero’ che non ci viene detto e’ come funziona nel mondo del lavoro italiano e soprattutto nel nostro settore delle TLC il meccanismo di appalto. Eppure questo e’ un aspetto fondamentale per capire l’azienda nella quale ci siamo ritrovati e quindi ancora piu’ fondamentale per avere un quadro realistico degli scenari che ci aspettano, in modo che ognuno possa, in assoluta consapevolezza, decidere le sorti della propria vita lavorativa. Proviamo allora ad analizzare il meccanismo di appalto calato in questa realtà aziendale.
Partiamo da esempi concreti di come Comdata ha operato in merito alle assunzioni e stabilizzazioni nello scorso anno 2011 (sono solo alcune delle operazioni effettuate).
- Il 24/01/2011 Comdata inaugura a Cagliari il Call Center della new Co Comdata Eos nato per assorbire una parte dei 470 lavoratori provenienti dalla chiusura della società Video online 2.0 su commessa Telecom Italia. L’azienda per questa operazione attinge ai fondi della regione Sardegna (soldi dei contribuenti), aumenta il volume di lavoro proveniente dal cliente Telecom Italia (che quindi le paga il canone dell’appalto) e risparmia sui costi del lavoro inquadrando i dipendenti Comdata Eos al II livello.
- La Spezia - a febbraio 2011 Comdata termina la stabilizzazione iniziata a fine 2010 di un totale di 47 (!) dipendenti passati da precari a tempi indeterminati, attingendo per questo ai finanziamenti comunitari concessi dalla Regione Liguria. Non e’ pero’ un problema per Comdata contemporaneamente (gennaio 2011) annunciare a La Spezia la contrizione della commessa ENI.
- Marzo 2011 a Roma Comdata acquisisce un ramo d’azienda da Cronos coinvolgente 140 dipendenti al III livello (tranne i TL al V) assegnati alla commessa Telecom Italia proveniente, in sub appalto, proprio dalla stessa Comdata. Di nuovo quest’azienda, pur di mantenere e magari ampliare i volumi di lavoro forniti da Telecom, si fa carico di tali lavoratori che già da circa 10 anni reclamano il diritto, previsto dal CCNL, di passare al IV livello per le mansioni svolte. Comdata, senza accordo sindacale, ne passa in maniera del tutto arbitraria circa una quarantina allo scopo di spaccare il fronte dei lavoratori che si erano mobilitati per avere tutti quel passaggio contrattuale.
- Luglio 2011 Comdata apre un secondo centro a Lecce dove colloca dipendenti inquadrati al II e III livello, addetti in gran parte su commessa Vodafone, ma anche su commessa Sky. Per tale operazione l’azienda attinge ai 269.8 milioni di euro dei fondi della regione Puglia dedicati alle nuove assunzioni.
- E non dimentichiamoci che Comdata vanta ben 4 sedi in Romania (Bucarest, Crajova e Galati) e Bulgaria (Sofia).
Ecco come opera Comdata: per poter aumentare i ricavi acquisisce personale SOLO quando questo le garantisce l’acquisizione e/o l’ampliamento dei canoni delle commesse (consolidando così e solo così i rapporti commerciali con i propri clienti) oppure se per questo accede ai finanziamenti pubblici.
In entrambi i casi, tende a ridurre al minimo indispensabile il costo di tali lavoratori (quasi tutti dei 4000 vantati al II e III livello) e, ove possibile, copre tale costo del lavoro con le risorse pubbliche messe a disposizione dalle istituzioni locali.
Ovviamente, tale sistema, per funzionare, ha come presupposto il continuo ricambio del personale.
L’attività di Call Center sappiamo bene essere un’attività deprofessionalizzante, con procedure sempre più standardizzate, e usurante. Ciò determina che, con il passare del tempo, i lavoratori non riescano a mantenere sempre gli stessi ritmi produttivi pretesi dalle aziende. Ecco perché le grandi aziende, specie delle TLC (Vodafone, Telecom, Wind, Fastweb), si rivolgono ad aziende esterne a cui affidare in outsourcing le attività di call center e, quando ci riescono, i lavoratori. Il contratto di appalto, se da una parte presuppone un maggior costo iniziale a causa del profitto da riconoscere alla società appaltatrice, dall'altra assicura alla società appaltante una riduzione dei costi con il passare del tempo, attraverso le gare di appalto successive, che, sempre e comunque, sono gestite con la logica del massimo ribasso. Ciò comporta che se la singola azienda di outsourrcing vuole rimanere sul mercato, e continuare a lucrare sul lavoro dei lavoratori gestiti, deve continuamente smaltire il personale più anziano (in genere gli anni di anzianità lavorativa si contano sulle punta delle dita di una mano), ritenuto meno produttivo e comunque economicamente più costoso (livello, anzianità e assenza di contributi pubblici), per sostituirlo con altro personale neo assunto, probabilmente con contratto precario e/o paraautonomo, al livello economico il più più basso possibile e disponibile a sopportare ritmi di lavoro spesso impossibili. Tutte le aziende di outsourcing hanno quindi l’esigenza vitale di cambiare spesso il personale e questo, dove non lo fanno con i licenziamenti, tentano di ottenerlo rendendo a questi lavoratori la vita impossibile, nella speranza spesso realizzata, di condurli a dimettersi. In poche parole si tratta di aziende che hanno fatto dello sfruttamento della forza lavoro il proprio business.
Nel nostro settore il panorama è spesso lo stesso. A parte i casi più eclatanti, con le aziende che hanno prima percepito i finanziamenti pubblici e poi sono precipitosamente scappate con i soldi, lasciando i propri dipendenti senza lavoro e senza le retribuzioni arretrate e i tfr maturati, il format utilizzato dalle cosidette aziende leader nel settore è più o meno lo stesso. In Teleperfomance migliaia di lavoratori sono stati stabilizzati pochi anni fa. Si tratta di lavoratori con turni H24 e al II e III livello, quindi molto meno costosi e piu’ flessibili di noi. Eppure questi lavoratori ora sono in cassa integrazione in deroga, perchè oramai troppo costosi e poco produttivi, rispetto a ciò che il mercato del lavoro offre attraverso i contratti precari, o le delocalizzazioni all’estero e/o nelle regioni, specie quelle del sud, disponiobili ad elargire nuovi finanziamenti (cosa che permette di utilizzare costantemente forza lavoro a costi che si avvicinano allo zero!). Lo stesso dicasi per il Gruppo Almaviva.
Fatte queste considerazioni, appare evidente che se, nei colloqui individuali che l’azienda sta facendo, viene detto che la scelta di rimanere in questa azienda è quella più garantista per il nostro futuro lavorativo, non viene fatto un quadro realistico della situazione.
Rimanere in qualche modo “agganciati” alla casa madre che, anche quando decide di ridurre il personale, lo deve necessariamente fare con più attenzione e ben argomentando le tanto discusse motivazioni economiche. L'azienda in appalto ha per definizione sempre disponibile la motivazione economica per giustificare una riduzione di personale, la fine dell'appalto o anche una semplice riduzione dei flussi ricevuti dal committente. Certo, ciò non significa che chi sta in Vodafone oggi ha la garanzia di “morire”, lavorativamente parlando, ancora Vodafone, ma comunque lì può aver senso pensare di investire sul proprio futuro lavorativo, in una società appaltatrice di call center no.
Quello che l’azienda lascia intendere da questi colloqui è che si sta programmando di anticipare ciò che abbiamo preannunciato fin da subito e che si sarebbe dovuto realizzare solo nel 2015: la chiusura di Comdata Care per cessata attività con il conseguente licenziamento collettivo di chi sarà rimasto e magari la riassunzione tramite accordo in Comdata, con un peggioramento delle condizioni lavorative e solo per chi deciderà l’azienda. Ecco probabilmente perché la Direzione aziendale illustra nei colloqui il contratto di Comdata Spa.
L’unica possibilità di salvezza è continuare la resistenza forte e convinta messa in atto dal 2007. Senza tale resistenza e se non avessimo fatto causa in così tanti, molto probabilmente saremmo già stati travolti dalla minaccia di licenziamenti collettivi per esubero di personale e obbligati ad accettare peggiori condizioni economiche e lavorative. Ad esempio, la situazione lavorativa a Milano sarebbe stata gestita con ben altri toni e modalità!
Serena
Rsu Cobas Comdata Care