martedì 22 luglio 2008

Questioni di legittimità relative alle cessioni di ramo d'azienda attuate dalla Telecom Italia S.p.A.

Questo dossier è la dimostrazione che i lavoratori, quando si uniscono, riescono ad ottenere dei grandi risultati.

NOTA INTRODUTTIVA

Il mercato del lavoro italiano è ormai dominato da una logica di frammentazione dell’impresa, attraverso cui si spostano continuamente lavoratori da una società all’altra come se fossero merce di scambio.
Il dossier è stato redatto con l’obiettivo di denunciare la battaglia legale che stanno portando avanti le centinaia di lavoratori che sono stati esternalizzati dalla Telecom Italia.
Si badi bene che il punto di vista di chi scrive non si basa su una contrapposizione di interessi fra imprenditori e lavoratori, perché il vero problema da affrontare è che le politiche di outsourcing sono passibili di strumentalizzazione abusiva a scapito dei lavoratori.
Gli interessi di un'impresa “sana”, governata da persone in grado di creare realmente valore aggiunto, coincidono con quelli dei lavoratori e dell'intera collettività.
Nella maggior parte delle sentenze, emesse da diversi giudici di varie città d’Italia, è stata dichiarata l’illegittimità delle cessioni di ramo d’azienda attuate dalla Telecom Italia in favore di alcune società di discutibile valore imprenditoriale.
Lo studio condotto offre importanti spunti di riflessione su due argomenti che in Italia devono essere assolutamente affrontati per risolvere il problema del lavoro, ossia la salvaguardia dello Stato di diritto e la conquista della giustizia sociale.
In riferimento al caso in esame la prima questione emerge con vigore dall'esito della maggior parte delle cause con cui i giudici, avendo rilevato diversi profili di illegittimità delle cessioni, hanno disposto la reintegrazione dei lavoratori in Telecom Italia.
Ad oggi la società ha di fatto reintegrato soltanto una esigua parte di coloro che hanno vinto i ricorsi. Tutti gli altri si trovano fra le mani un diritto riconquistato (il proprio posto di lavoro) ma leso continuamente da una realtà imprenditoriale, che decide illegittimamente di esternalizzarli ed illegittimamente di non reintegrarli.
Concedere alla più importante impresa italiana di agire indisturbata in questo modo significa far passare il principio secondo cui il più forte può anche decidere di non rispettare la legge.
Anche in termini di giustizia sociale si versa in una situazione di emergenza.
Basti pensare agli enormi sacrifici che i lavoratori hanno dovuto sopportare per portare avanti le cause: denaro (lo stipendio medio di ognuno di loro è di circa mille euro), tempo ed energie per ricostruire in termini legali la vicenda insieme agli avvocati e disagi psicologici.
A rendere inaccettabile la situazione è il risultato complessivo della vicenda: posto che la maggior parte dei giudici hanno dichiarato illegittime le cessioni, accade che tutti coloro che non hanno agito in giudizio, o che hanno perso il ricorso, devono subire una esternalizzazione che è stata operata senza il rispetto dei requisiti stabiliti dalla legge.
Nel dossier le questioni sopra esposte sono state affrontate attraverso la ricostruzione delle cessioni, resa possibile dalla raccolta delle informazioni e della documentazione (atti di cessione, sentenze, bilanci ecc.) che i lavoratori dell'ANLE sono riusciti a mettere insieme, attraverso un apprezzabile coordinamento a livello nazionale.
Da questa base informativa è stata effettuata un'analisi dei profili giuridici del fenomeno in esame, attraverso cui si è cercato di far luce sul perché ed in che termini le esternalizzazioni possono essere considerate illegittime.
Dallo studio condotto è emerso il ruolo determinante della complessità dei rapporti societari, delle relazioni commerciali e dei continui trasferimenti di azienda che sviliscono i lavoratori che ricorrono in giudizio.
In questa direzione, si è dimostrato che non si è trattato di mere esternalizzazioni, bensì di continui trasferimenti di rami d’azienda (e di aziende) “a catena”, spesso intrecciati fra loro.
Per questo, non pare sia possibile giustificare un simile disegno strategico attraverso i classici obiettivi che le imprese intendono raggiungere con il ricorso all’outsourcing.
Per comprendere tale fenomeno sono state analizzate le problematiche giuridiche in tema di responsabilità della capogruppo nei gruppi di società, dato che le cessioni sono state governate nell’ambito di gruppi societari, da cui è scaturita l’acquisizione (formale) di determinati rami d’azienda da parte di società neonate, controllate da realtà imprenditoriali che hanno invece (di fatto) governato il processo di esternalizzazione.
Basti pensare ai nomi assegnati alle Newco rispetto alle controllanti, che sono anche potenzialmente idonei a creare una certa confusione fra questi distinti soggetti giuridici. Ad esempio: Savarent e Savarent Fleet Services nell’ambito del gruppo Fiat; TE.SS. rinominata Accenture HR Services appartenente al gruppo Accenture con capogruppo Accenture S.p.a.; nell’ampio contesto della cessione del patrimonio immobiliare i lavoratori sono passati attraverso quattro società fra cui due nominate entrambe Telemaco immobiliare, una S.r.l. e l’altra S.p.a.; oppure le cosiddette “pirelline” (Pirelli & c. Project Management S.p.a., Pirelli & c. Commercial Agency , S.p.a., Pirelli & c. Real Estate Property Management S.p.a. e Pirelli & c. Real Estate S.p.a.) tutte appartenenti al gruppo Pirelli; ecc.. Si consideri che quasi tutte le cessioni sono sfociate in procedure di mobilità e di licenziamenti collettivi.
A questo punto l'importanza strategica della Newco per l'impresa controllante è evidente: facendo acquisire l'attività ad una società controllata, la grande impresa ottiene un duplice vantaggio, e cioè quello di non essere la controparte dei rapporti obbligatori relativi all'attività oggetto di cessione (compresi i rapporti di lavoro), e quello di potere usufruire del ramo acquisito attraverso un potere di governo, che le è riconosciuto in ragione del controllo posseduto sulla società cessionaria.
Questa forma di “deresponsabilizzazione” della grande impresa è favorita dalla circostanza che nell'ordinamento giuridico italiano il gruppo di società è privo di un'autonoma soggettività giuridica.
E' stata inoltre discussa un'altra questione importante, ossia quella relativa all’integrazione delle attività, resa possibile da determinati mezzi di produzione immateriali, che consente a chi esternalizza di non perdere il controllo sull’attività trasferita, e talvolta anche sui lavoratori ceduti.
Dall’esame delle numerose sentenze è infatti emerso con chiarezza come, attraverso adeguate strumentazioni informatiche, si può esternalizzare il lavoratore senza esternalizzare la sua prestazione di lavoro.

Queste apparenti esternalizzazioni sono punite dalla legge con l'imputazione del rapporto di lavoro in capo all'effettivo imprenditore (cessionario/appaltatore), ossia a colui che esercita, di fatto, il potere di direzione e di controllo sui lavoratori impiegati nell'attività esternalizzata.
Ed è stata proprio l'applicazione di questo fondamentale principio che ha spinto molti giudici a dichiarare nulla la cessione.

E' stato sostanzialmente dimostrato come la centralità della verifica della qualità imprenditoriale del cessionario/appaltatore consente di punire le false esternalizzazioni, vanificando qualsiasi schema societario finalizzato alla mancata imputazione dei rapporti di lavoro.
Un commento critico ha inoltre riguardato il ruolo dei sindacati , perché non si può accettare una situazione in cui si raggiungono accordi in sede di trasferimento che sono palesemente contrastati dai lavoratori. E non si può nemmeno accettare che siano firmati degli accordi dove le strategie di riorganizzazione presentano delle incongruenze inaccettabili dal punto di vista della tutela dei lavoratori.

Queste ed altre problematiche analizzate nel dossier spingono inevitabilmente a considerare delle proposte di modifica dell’attuale normativa in tema di trasferimento di azienda. Non si può continuare a pensare di mantenere una legge che è idonea a garantire il lavoratore solo teoricamente.

Attraverso l’analisi del caso Telecom Italia è stato ampiamente dimostrato che l’unico soggetto che oggi è realmente in grado di tutelare il lavoratore, è il lavoratore stesso. L’introduzione del diritto di opposizione al trasferimento è un passo necessario.
Maggiore libertà contrattuale e maggiore flessibilità?
Bene, diamo questa possibilità anche al lavoratore.
Fermo restando la necessità di una modifica della normativa nei termini appena esposti, si reputa inoltre necessario attuare una politica di monitoraggio dell’attuale assetto del mercato delle esternalizzazioni, attraverso cui cercare di comprendere se il caso Telecom Italia è isolato, oppure se si versa in una situazione di grave conflittualità.
Anche l’immenso mercato delle esternalizzazioni dei call center sembra infatti presentare le stesse problematiche.
Si pensi ad esempio alla recente esternalizzazione di parte di attività dei call center Vodafone Italia, attraverso cui sono stati ceduti 914 lavoratori. Tale cessione è stata sostanzialmente realizzata da tre società, ossia la Vodafone Italia (cedente), la Comdata Spa (controllante della cessionaria) e la Comdata Care Srl (cessionaria). Questa tripla partecipazione è addirittura contenuta nell’accordo sindacale, in cui risulta davvero difficile capire la separazione (sostanziale) fra l’attività d’impresa della Comdata rispetto a quella della Comdata Care.
A ciò si aggiunga che si tratta di attività che fanno perno sull’utilizzo di mezzi immateriali di produzione, prevalentemente dei CRM per la gestione del contatto con il cliente, che pone dei problemi relativi all’intreccio delle attività di governo fra società cedente e società cessionaria.
Il sistema di monitoraggio del mercato delle esternalizzazioni potrebbe agevolmente essere inserito nel più ampio sistema informativo previsto dalla recente normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
L'inevitabile soluzione per porre fine a questa battaglia legale senza precedenti , che ha ingiustamente leso i diritti dei lavoratori e della stessa Telecom Italia, è la reintegrazione di coloro che sono stati “illegittimamente” esternalizzati.

Lidia Undiemi dottoranda di ricerca presso il dipartimento di Diritto dell'Economia, dei Trasporti e dell'Ambiente dell'Università degli Studi di Palermo
Contatti: Tel.: 3280075669 – E-mail: li.undiemi@gmail.com
Ufficio Stampa Tel. 3381853105 - 3357511055

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6 commenti:

kaos ha detto...

Mie buone amiche, miei cari colleghi, inizio or ora a uscire dal mondo delle fatine e mi rendo conto che non siamo altro che numeretti in fila a un tornello per passare il badge.
Migliaia di normative che non vengono rispettate, sentenze ignorate bellamente...e lo dico per esperienza diretta, perchè io alle presse in fabbrica ci ho lavorato sul serio, IO la fatica la conosco e a chi mi vorrebbe portare in miniera rispondo solo così: ne devi mangiare di pagnotte prima di potermi giudicare.

Anonimo ha detto...

x esperienza posso dire che siamo soli contro azienda e sindacato da una vita...sarebbe da muoversi in modo diverso se davvero si vuole ottenere qualcosa!ma nessuno ha questo coraggio!!
x me non esistono assemblee robe del genere...tanto si parlabene e si razzola male..
baci il ritorno DELL'urlatrice!!

Valeria ha detto...

Salve a tutti,
io ho partecipato al convegno sulle esternalizzazioni e ci tengo a dire un paio di cose:

1. Il convegno e' stato organizzato veramente bene. Hanno espresso benissimo i temi caldi ed e' stato veramente utile. Pero' mancavano i Lavoratori! Perche' questi temi vengano metabolizzati e capiti da tutti e diventino un problema sociale NOTO e DIFFUSO e' necessaria la partecipazione e la testimonianza di chi sotto queste storture c'e' passato! Mi auguro che al prossimo incontro TUTTI si sentano in dovere di venire e di far sentire la loro presenza.

2. Il lavoro dell'ANLE in questi anni e' stato prezioso e lo sara' ancora per il futuro. QUINDI DEVONO ESSERE SOSTENUTI ANCHE ECONOMICAMENTE. Per questo vi invito calorosamente as iscrivervi all'ANLE. La quota associativa e' veramente simbolica, ma consente loro di procedere con una serie di attivita' di raccolta dati, documentazioni e sollecitazione delle problematiche che per TUTTI NOI Lavoratori e' molto utile.

Per qualunque dubbio scrivete!

kaos ha detto...

se non si fanno le assemblee però come ci si coordina tra colleghi? Come si stabilisce una prorità sulle esigenze interne?
Le assemblee son necessarie proprio per muoversi unitariamente e non andare allo sbaraglio.
Anzi se tutti partecipassero "civilmente" si avrebbe una panoramica delle necessità più reale e funzionale

Anonimo ha detto...

kaos, valeria parla di un convegno che c'e' stato un apio di settimane fa a Roma, dove l'anle ha presentato il dossier preparato da lidia sulla cessione telecom.
valeria si, mi è stato riferito la poca partecipazione (se non nulla) dei lavoratori. E il fatto che si trattasse di un giorno feriale giustifica solo in minima parte questa grande assenza.
Dedicherò uno spazio sul blog per invitare tutti gli esternalizzati a iscriversi all'anle, io l'ho fatto già da tempo. :)

kaos ha detto...

ghebba ti rispondo in ritardo: non stavo contestando ciò che ha detto Valeria sull'Anle o sulla convention, stavo lanciando mini-strali a quei colleghi che non partecipano perchè non ci credono. L'omertà rende parecchio simili a chi compie l'atto.